
//2019
Io non so io non sono io
2019// Hansel e Gretel, White traces in search of yourself, Fondation Valmont, Venice, Italy;
It’s 1956. A succession of scenes from my memory flash past in images of a joyous past. A boy (me) mimes an impossible swim in a lagoon bed almost entirely devoid of water. This is followed by affectionate family scenes. A walk. A sit-down on the side of a ditch. And then the boy, at the centre of an unpaved road, shamelessly exposes himself, peeing in our direction, deriding us. Then, in a temporal leap, the city reveals itself. Venice. Winter. Standing in front of the train station. A man accompanies his son while he straddles a bike that is too big for him.
Elsewhere, we see a transport boat in the canal. A young man passes by. And then a New Year’s Eve party in the cramped space of a simple apartment, where adults dance, laugh and interact with the boy and his friend. The two of them are overexcited, miming a boxing match. And the little girl’s father has fun tickling the boy who wriggles, laughing his head off. The sharing element evaporates in the simplicity, in a condition of fun, completely lacking any useless attention-seeking.
A white book, Bianco nel bianco, contains white pages, on which virgin words have yet to be written. And a prophetic photo shows us the boy posing with a camera hanging around his neck. On the opposite side a transparent box contains a white rose, its petals kissed by dewdrops, crushed by a block of white marble. A little above it is a sort of transparent plaque with phrases written on it that say: Io non so io non sono io non so io non sono io… (I do not know I am not I do not know I am not I…) until they cover it completely. S.R.
Corre l’anno 1956. Scene della memoria si susseguono in immagini di un passato gioioso. Un bimbo (io) mima un nuoto impossibile in un fondale lagunare quasi privo d’acqua. Il seguito ci mostra scene familiari affettuose. Una passeggiata. Un sit-in ai bordi di un fossato. E poi il bimbo, al centro di una strada sterrata, si mostra spudoratamente pisciando verso di noi, deridendoci. Poi, in un salto temporale, la città si svela. Venezia. Inverno. Davanti al piazzale della stazione ferroviaria. Un uomo accompagna il figlio mentre cavalca una bicicletta troppo grande.
Altrove, una barca da trasporto nel canale. Il passaggio di un giovane uomo. E poi, infine una festa di capodanno, nello spazio angusto di un appartamento semplice, dove adulti ballano, ridono e interagiscono con il bimbo e la sua amichetta. I due si agitano, mimano un incontro di box. E il padre della bambina si diverte a solleticare il bimbo che si dimena ridendo a crepapelle. Evapora, nella semplicità, l’elemento della condivisione, in una condizione di allegria, scevra da protagonismi inutili.
Un libro bianco, Bianco nel bianco, custodisce pagine bianche, sulle quali parole finora vergini non sono ancora state scritte. E una foto profetica ci propone il bimbo in posa con una macchina fotografica appesa al collo. Al lato opposto, una scatola trasparente ci mostra una rosa bianca, dai petali baciati da gocce di rugiada, schiacciata da una barra di marmo bianco. E poco sopra una sorta di lapide trasparente ha incise delle frasi circolari che dicono: Io non so io non sono io non so io non sono io… fino ad occuparla interamente. S.R.







